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Dalla finocchiona al piccione, dal lampredotto alla lingua. E poi gli strigoli, le erbe, i profumi. Un’esperienza dal rapporto qualità-prezzo corretto (a dir poco)

GABBIANO (SAN CASCIANO) – Raramente ci è capitato, negli ultimi anni, di sedersi alla tavola di un ristorante in cui il rapporto fra qualità (del cibo, della creatività, dell’autenticità, del servizio, dei vini) e prezzo sia così sbilanciato sulla prima.

E sì, avevano ragione quando dal ristorante Il Cavaliere, del Castello di Gabbiano, nei giorni scorsi, prima della riapertura “griffata” Marcello Crini (con chef Nearco Boninsegni in cucina), affermavano: “Vogliamo che si mangi bene spendendo una cifra giusta, con una cucina piena di gusto e toscanità e il comfort di un salotto di campagna”.

Verificato sul posto, parola per parola, con una semplice cena familiare infrasettimanale.

Le due sale interne in questo casolare di campagna lungo la discesa “della Leccia”, che dalle Quattrostrade porta alla Valle della Greve (siamo a un tiro di schioppo da Mercatale) sono state arredate con gusto e sobrietà.

Splendida quella al piano terra, con le vetrate che danno su aia e campagna. Piena di calore, con travi e pianelle a vista, quella al piano superiore.

Attento e premuroso il servizio in sala, coordinato da Dean Radomir, affiancato da Francesco Favati e Sofia Manetti.

La cena è accompagnata da vini della cantina del Castello di Gabbiano. Un sapido Chianti Classico Riserva 2017, in cui esce tutta l’eleganza del Sangiovese; il gusto più morbido dell‘Alleanza 2016, Igt con uvaggio 60% Merlot e 40% Cabernet Sauvignon.

Si inizia con due piccoli “benvenuti” dalla cucina, da cui escono anche schiacciata e pane (ai semi di sesamo) fatti in casa.

Una pallina di profumata finocchiona spalmabile e una crocchetta di gallina su maionese al dragoncello.

Scegliamo due antipasti. Lingua di manzo croccante, giardiniera di verdure e maionese fatta in casa all’aglio dolce: la lingua è morbida e dai bordi dorati, accompagnata dalla sua salsa. La giardiniera è delicata nel suo aceto, che contrasta benissimo con la dolcezza del resto del piatto.

L’altro antipasto è uno dei due piatti di pesce-crostacei in menu: Alici marinate, cecina, mozzarella di bufala e cipolla agrodolce. Anche qui equilibrio, profumi, gusto.

Tre i primi piatti che escono dalla cucina. Raviolini di coniglio alla cacciatora in brodo di patate arrosto: raviolini buonissimi, a dir poco sorprendente il brodo.

L’altro piatto di “mare”, ha però al suo interno un’erba che tanti chiantigiani conoscono bene. Magari andavano da piccoli a cercarla nei campi, alle “ceppe” degli olivi: gli strigoli.

Ed eccoli, protagonisti con il loro sapore profondamente erbaceo, nel Fusillone monograno Felicetti, cipollotto fresco, strigoli, gamberi e mandorle tostate.

Il terzo primo piatto che scegliamo va anche qui nella direzione del quinto quarto, e lo proviamo perché talvolta il ragù di lampredotto è decisamente pesante.

Niente di tutto questo: la Tagliatella al ragù di lampredotto e gocce di salsa verde ha una delicatezza che non rinnega niente in quanto a sapore e sostanza.

Saremmo già ampiamente sazi, ma non possiamo non assaggiare Il signor piccione, pastinaca e erbe di campo, che qui è un must. Coscia, petto al sangue, mini terrina con le interiore: semplicemente fantastico.

Anche sui dolci ci sarebbe da sbizzarrirsi, e ci piace che in carta due su cinque siano su base mela e pera.

Scegliamo la Mela 2.0, ed è una scelta che ricorderemo: l’involucro di cioccolato bianco racchiude un ripieno in cui il sapore della mela esplode in bocca, accompagnato da crema inglese e crumble di cioccolato.

Un finale con i fiocchi (insieme al caffè arriva anche un accompagnamento di mini pasticceria) per una cena che, infine, nel conto, è assolutamente corretta (a dir poco).

Fonte: Il Gazzettino del Chianti